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Il tempio della velocità e il tempio del lusso

Monza avrà una struttura su due piani, elegante come un’installazione d’arte contemporanea, tra la Variante Ascari e la Parabolica: milleottocento metri quadrati di raffinatezza con terrazza panoramica e una super tribuna esclusiva per 1500 persone

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Il rito antico e moderno che si celebra ogni settembre nell’Autodromo Nazionale, il “tempio della velocità” sta per cambiare pelle: qui, dove il 1922 di un circuito nato tra i boschi si intreccia al 2025 di una Formula 1 ipertecnologica, con l’arrivo dell’Ultimate Hospitality, anche il lusso trova il suo posto. In prima fila, ovvio.

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Immaginate una struttura su due piani, elegante come un’installazione d’arte contemporanea, che sorgerà tra la Variante Ascari e la Parabolica, proprio lì dove le monoposto sfrecciano a tutta velocità. Milleottocento metri quadrati di raffinatezza, una terrazza panoramica che si affaccia sulla pista, una tribuna esclusiva: ecco il progetto firmato da Autodromo Nazionale Monza e On Location, colosso globale dell’ospitalità premium, già abituato a coccolare i fortunati ospiti di eventi come il Super Bowl o le Olimpiadi.

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Così dal 5 al 7 settembre 2025, questo angolo di Monza ospiterà fino a 1500 eletti, pronti a vivere il Gran Premio d’Italia non come semplici tifosi, ma come protagonisti di un’esperienza che è insieme sensoriale, gastronomica e, perché no, un po’ snob. Più che altro pronti a spendere una cifra folle. Non è stato comunicato ufficialmente quanto costerà guardare il Gp dall’Ultimate Hospitality, ma considerando che normalmente un biglietto al GP di Monza per la tribuna centrale (che offre la vista sul paddock e la corsia box) costa 880 euro e che i biglietti VIP e di hospitality possono raggiungere prezzi superiori a 8.000 euro (con catering gourmet, bevande selezionate, aree esclusive e la possibilità di incontrare piloti e personaggi della Formula 1), il conto è presto fatto.

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Ma torniamo al “Monza cambia pelle” di cui parlavamo prima perché in un mondo dove la Formula 1 è già di per sé un circo dorato, qui si alza l’asticella. Non basta più il biglietto in curva, il cappellino della Ferrari e la birra tiepida comprata al chiosco. Qui si parla di un buffet curato con show cooking dal vivo, di una selezione di vini che farebbe invidia a una cantina di Montalcino, di schermi giganti che catturano ogni sorpasso, ogni goccia di sudore di un pilota sotto il casco. E poi c’è l’area verde di quattromila metri quadrati, un’oasi di comfort a due passi dalla Fanzone, dove la musica dal vivo, le auto storiche e le interviste ai campioni creano quel clima di festa che solo Monza sa regalare. È come se il Gran Premio si fosse sdoppiato: da una parte il caos gioioso delle folle, dall’altra un’enclave di eleganza dove il rombo dei motori si mescola al tintinnio dei calici.

Ovvio che in questa operazione di restyling del mito monzese, qualcosa stride. Monza, con le sue curve iconiche e il suo “bagno di folla” è sempre stata un luogo di popolo, un’arena dove l’entusiasmo si misura in decibel e non in euro. L’Ultimate Hospitality rischia di creare una frattura, un dentro e un fuori, un’élite che guarda la gara da una terrazza panoramica e una massa che si accontenta di uno spicchio di pista. È il prezzo del progresso, diranno i più pragmatici. È il segno dei tempi, in cui anche la passione deve piegarsi al marketing e alla logica dell’esclusività. Ma non è forse anche questo il fascino di Monza? La capacità di essere molte cose insieme: un circuito ultracentenario che ha visto nascere il telepass e i guard-rail, un luogo dove la storia si scontra con l’innovazione, dove il popolo e i privilegiati convivono, magari guardandosi di sottecchi, ma uniti dallo stesso batticuore quando una monoposto taglia il traguardo.

Marco Ferrari, direttore sportivo dell’ACI, parla di un “passo significativo” verso un’esperienza sempre più esclusiva. Emilio Pozzi, di On Location, ringrazia Monza come si ringrazia un anfitrione d’eccezione. Va bene. Tutto bellissimo. Ma sarà questo il futuro del Gran Premio? Un evento che si guarda da una terrazza, con un calice in mano, mentre il popolo della curva canta “Forza Ferrari” a squarciagola? Forse sì. Ma finché ci sarà Monza, con i suoi pini, il suo asfalto e la sua storia, ci sarà posto per tutti: per chi paga un biglietto che costa come una Panda per un’esperienza a cinque stelle e per chi, con un biglietto da poco, sgualcito in tasca, vive la gara con la stessa passione di un secolo fa.

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I commenti dei lettori

12 responses to “Il tempio della velocità e il tempio del lusso

  1. Invece pe ri poveracci che vanno a guardare le gare negli altri fine settimana, niente, nulla … cessi nel bosco del parco e impianto audio del 1960 … senza parole

  2. E questo sarebbe un “editoriale” o piuttosto un “redazionale” a marchetta!?
    Ridateci Mauro Coppini per favore, non soltanto per questo “articolo” ed anche la Monza di almeno una decina di anni fa!

  3. …il lato positivo è che la costruiscono nel punto più anonimo del circuito lasciando le curve e le varianti ai veri appassionati.

  4. Quindi, chiedo, i milioni di euro che regolarmente ogni anno gli organizzatori del GP (ovvero ACI & compagnia) chiedono alle istituzioni servono anche per questa baggianata da riccono yankee?

  5. Ha fatto un editoriale per elogiare una roba per ricchi? Chiedo di nuovo: come mai non critica mai la Ferrari e i suoi redattori sì?
    È singolare, di solito è il capo a esporsi e non i sottoposti

  6. Visione classista, torniamo all’800 con i riccastri separati dai plebei (disgregazione sociale), per giunta lavori fatti con soldi pubblici.
    Lo sport vive della passione popolare

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